martedì 30 giugno 2015

Diary #01

CAOS. Torno dalla psicologa. Un'ora di racconti vuoti. Avevo cominciato ad aprirmi, oggi mi chiudo. Vorrei dirle quello che faccio, le ho già detto quello che faccio, ma non riesco a parlarne. Perché parlarne significa prendere in mano la situazione. Significa scoprire emozioni che mi fanno sentire a disagio. E io non mi sono permessa di scoprirmi per anni, nemmeno nel pieno caldo estivo. Di fronte al disagio, mi sale l'apatia. E' la mia condanna, la mia paura più grande. Ho scoperto che è anche la mia difesa. Apatia, anergia. Anoressia che si arrende all'abbuffata. Perché le abbuffate, per me, sono un'arresa. Sono la rassegnazione. Sono il segno che ho perso del tutto l'autostima e il senso di me. "Perché ormai sei ingrassata, quindi tanto vale".

Devo riscuotermi. La vita è una e non torna. Mannaggia a me. Sto vivendo? Un po' più di prima. Vivo a mille con la persona che amo. Vivo a mille e sento di voler vivere. Uscita a cena, venerdì sera, con amici. Passo il pomeriggio con ansia che sale e spunta in ogni pensiero. Faccio la voce grossa e dico: "voglio vivere e basta. Voglio divertirmi. Voglio essere come gli altri. E, se ho fame, voglio mangiare tutta la pizza. E non voglio nemmeno pensarci". (D'altronde, i "voglio" sono gratuiti, quindi si può abbondare.) Quale è stata la realtà? Ci ho messo un quarto d'ora a scegliere la pizza e ho comunque cambiato gli ingredienti per adattarla a me, perché delle 20 e più in listino non me ne andava bene una. Della metà pizza che ho mangiato, una fetta è finita a un mio amico (che dopo ha mangiato con felicità anche l'altra metà) e le croste le ho regalate al cane. Se fosse un orologio, potrei dire di aver mangiato venti minuti di pizza. No, non è tutta, ma sono soddisfatta. Non mangiavo pizza da anni. Sono stata bene. Non ho avuto pensieri dopo. Non per quello, almeno, non diversi dai soliti. Ero lì per la compagnia e loro erano lì per stare insieme. Punto.

Sono stanca e un po' frustrata. Sono in pieno cambiamento. Solo che tutto procede...lento. Anche vero che, quando si velocizza, vorrei che rallentasse. Perennemente indecisa. Sono una persona forte. No, forse forte no. Però sono una brava persona. Ero una persona molto semplice, prima di tutto questo. Chiara, lineare, trasparente. Ora sono talmente offuscata che non mi capisco nemmeno io. Non riesco più nemmeno a capire in che direzione voglio muovermi. A volte vorrei scrollarmi tutto di dosso, correre e vivere. E fregarmene. L'attimo dopo sono lì con il bilancino in mano che mi giuro che non toccherò cibo per tre giorni di fila. La verità è che non faccio nè l'una né l'altra cosa. Vivo un po' e poi mi ritraggo, digiuno un po', mangio un po' meno e poi mi abbuffo. 

Oggi per poco non mandavo a quel paese la psicologa. Mi ha fatto sentire a disagio, è andata a pungolare le zone scoperte, ed è il suo mestiere. Quando mi ha chiesto "a cosa pensi?", cercando di indagare il mio silenzio, pensavo a cosa sarebbe successo se mi fossi alzata e le avessi detto: "basta". Ma basta rompere i coglioni. 
Sono arrabbiata, ma non con lei. Lei me lo fa solo notare. Sono arrabbiata con me. Sono io che devo smetterla di lamentarmi, di rompere i coglioni. Di aver bisogno di aiuto. Voglio tornare ad essere la persona felice che ero. Vorrei sapere che questo percorso ha una fine, non necessariamente lietissima, ma almeno accettabile. Ho iniziato questa terapia ormai 4 anni fa. E sicuramente ho fatto passi da gigante. Scrivo che voglio vivere, che vado a cena per la compagnia. Andrò al mare quest'estate. Ma questo disagio, cos'è? Perché sento che il mio odio verso di me si placa un po', a tratti cambia forma, mi protegge di più dall'anoressia e dall'autolesionismo, ma tende a sfumare in una nebbia di apatia? L'apatia che sento è la mia difesa? Significa che lì c'è il groviglio dei problemi? Continuerò a spostarlo sempre più in là, sto groviglio, o prima o poi lo scioglierò?





2 commenti:

  1. anche se speravo il contrario..avevo capito dal primo post che eri ancora dentro il male..
    il dolore era troppo 'palpabile'..

    se ti trovi bene con la psicologa non mollare!
    anche io vado da uno psicoterapeuta...mi ha raccolta a pezzi..milioni di schegge...
    e piano piano stiamo ricostruendo, me..
    il cibo e il suo valore 'drogante'sono lo zoccolo più duro da sradicare..
    apatia...ne ho parlato spesso nel mio blog...
    mi prende quest'addormentamento delle emozioni ecco...
    e rimango a osservare il nulla.
    per me dietro l'apatia c'è solo altra apatia.
    il resto l'altro...lo dobbiamo ancora costruire..
    e lì viene il difficile..
    perchè il dubbio diventa il limite dell'agire..

    tu non devi smettere come dici di 'aver bisogno di aiuto'..
    ti è dovuto sì..
    credo che questo dolore sia inutile e proprio per questo dobbiamo sottrarcene al più presto!!

    ti abbraccio forte e grazie per essere passata da me e per la citazione del vento e tempesta di sabbia.

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  2. A volte mi stanco si aver bisogno di aiuto, perché di base vorrei essere diversa da come sono. Forte, indipendente e capace di "sbrigarmela da sola". Questo mi ostacola. Ho letto un po' di post nel tuo blog e ho letto dell'apatia. Anche io l'ho vissuta tanto ed è bastarda, perché ti "annulla" e ti sembra che dietro non ci sia più niente. Ma è un buon punto di partenza vederla e parlarne. E metterla in discussione. Sfruttare i momenti di lucidità per capire che, anche quando c'è, passerà. E poi a cosa serve.
    Come dici tu, dobbiamo sottrarcene al più presto. Forza, io ti appoggio. Un bacio grosso.

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